sabato 3 gennaio 2015

TACCHETTO 12 - CAPITOLO 4: CESARE

A voi il nuovo capitolo del romanzo d'appendice "Tacchetto 12". Gustatevelo e condividete :)

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CESARE



Nel campetto da calcio i bambini scorrazzavano impazziti correndo dietro la palla dai pentagoni neri e gli esagoni bianchi. Le loro risate, argentine come campanellini quando segnavano, riempivano il cuore.
Cesare li vedeva esultare nelle loro micro-uniformi, tutti contenti, e pensava che era bello essere così spensierati. Si disse che stava facendo un buon lavoro, perché l'importante non era forse che si divertissero?
Le mamme erano state felici del progetto e i padri orgogliosi dei risultati che i loro piccoli prodigi stavano ottenendo. Se solo questi ultimi avessero saputo che alcune delle loro mogli ci avevano provato spudoratamente con lui!
Nonostante si trattasse sempre di complimenti velati, a lui erano state chiare sin dal principio le intenzioni, ma non gli importava molto, anche perché non avrebbe saputo che farsene. Le donne non gli interessavano minimamente. Aveva iniziato da poco una relazione seria con un ragazzo venuto in Erasmus a Catania, ma questo ovviamente quelle madri non lo sapevano. La sua vita privata non le riguardava. Teneva ben separato il lavoro da ciò che era la sua persona al di fuori del campetto da calcio.
Aveva cominciato a fare l'allenatore dopo aver conseguito la laurea in Scienze Motorie. Era poi stato assunto dal Centro Universitario Sportivo di Catania per allenare i piccoli talenti di domani. Ma covava ambizioni ben più impegnative. Dentro era rimasto il gran sognatore che era stato da ragazzino e un sogno in particolare gli frullava in testa da un pezzo.
L'idea era nata in lui già diversi anni prima, quando aveva solo diciotto anni e non avendo un vero e proprio talento nel calcio - ma conoscendone perfettamente tattiche e regole - sperava un giorno di poter allenare una squadra. Non aveva avuto molto incoraggiamento a riguardo. Era un progetto ambizioso, ma lui era sempre stato dell'idea che con la giusta dose di determinazione sarebbe riuscito nell'impresa. E poi serviva la pubblicità! La pubblicità era ciò che contava davvero per concretizzare la cosa. Ne aveva avuto conferma leggendo di certe squadre che erano sorte in alcune città italiane, quelle città in cui la discriminazione non mancava di certo, ma in cui il progetto era stato realizzabile e aveva riscosso successo grazie a tanta propaganda: una squadra di calcio omosessuale.
I King Kickers di Milano erano stati tra i primi ad avere in mente un obiettivo di tale portata. Ma nel meridione nessuno prima dei Pochos di Napoli aveva proposto questa iniziativa.
Cesare aveva seguito le notizie su internet, girovagando tra social network, blog e articoli di giornale. E questo gli aveva dato il coraggio necessario per non abbandonare la speranza e portare avanti la propria idea.
Era fermamente convinto che con lo sport avrebbe potuto cambiare le cose, ribaltando le sorti dall'emarginazione in cui continuava a vivere la comunità gay. Perché le cose potevano e DOVEVANO cambiare. Sì, ma dall'interno, quella auto-ghettizzazione di cui si erano resi vittime gli omosessuali doveva sparire. Ed era il risultato dell'estraniamento da certe tradizioni sociali italiane, come il calcio ...per dirne una.
Quante volte si era sentito allontanato perché amava uno sport che i più nel suo giro sdegnavano? Quante volte si era dovuto trattenere dal raccontare i risultati sportivi della giornata appena trascorsa per paura di annoiare gli altri? E quante altre aveva dovuto fare i salti mortali per trovare qualcuno con cui intrattenere una semplice conversazione calcistica mentre si trovava al pub del Cortile Alessi a bere una birra?
Ora toccava a lui portare avanti un'idea che era dannatamente buona, ma allo stesso tempo anche dannatamente complicata da mettere in pratica. Non tanto perché fosse difficile in sé, quanto perché trovare ragazzi gay interessati al calcio era come cercare un ago in un pagliaio.
Non sapeva ancora come si sarebbero sviluppate le cose, perché avrebbe avuto a che fare non più con bambini, ma con persone adulte di diverso background sociale e culturale.
Aveva iniziato da un semplice annuncio. Un annuncio in cui si chiedeva l'adesione gratuita e senza remunerazione in una squadra di calcio dilettantistica. Per rendere le cose più semplici aveva coinvolto l'arcigay di Catania grazie alle proprie conoscenze.
Era già passato quasi un anno e le sue sporadiche visite alla sede di via Vittorio Emanuele II non avevano ancora sortito un riscontro positivo.
Il Capodanno era passato tra i soliti festeggiamenti e il suo buon proposito per l'anno a venire era stato quello di realizzare il progetto. Se non vi fosse riuscito avrebbe smesso di fare buoni propositi e costruire castelli in aria.
Anche quel pomeriggio si era recato all'arcigay, dove aveva incontrato il ragazzo dai capelli bruni e dalle profonde occhiaie che lo aveva accolto la prima volta mesi prima. Voleva solo sapere se c'erano novità e già si aspettava un rassegnato no con un cenno del capo, ma con sorpresa aveva già trovato tre iscritti.
Rincuorato si disse che a quel punto scovare giocatori per creare una squadra era solo questione di tempo. Bisognava però raggiungere il numero minimo. Altrimenti non se ne faceva niente.
Però in qualche modo c'era riuscito. Alla fine qualcuno l'aveva trovato anche se a rispondere all'annuncio erano stati solo in tre - quattro se contava anche il proprio ragazzo, che però evidentemente non aveva ancora trovato il tempo per mettersi in lista. Lo avrebbe informato.
Quattro giocatori. Era già qualcosa.
Aveva pensato di indire una riunione per conoscere i ragazzi, in modo da scoprire con chi avrebbe avuto a che fare e anche capire se facevano seriamente. Non voleva ritrovarsi con un mucchio di ragazzi eccitati solo dall'idea di andare negli spogliatoi per fare qualcosa di più che cambiarsi la divisa.
Ma voleva aspettare ancora un po', il tempo che si iscrivesse qualcun altro. Ne sarebbero bastati solo un paio e poi avrebbe potuto concretizzare qualcosa.


#FabDraka #GayCalcio #Tacchetto12


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