giovedì 25 dicembre 2014

TACCHETTO 12 - SPECIALE NATALIZIO


TACCHETTO 12 - SPECIALE NATALIZIO

Il periodo più bello dell'anno era per Antonio il Natale. Le strade si illuminavano a festa con brillanti luci colorate sospese da un edificio a un altro, i commercianti decoravano le vetrine dei negozi col finto spray per simulare la neve e ponevano ghirlande e festoni come cornice alle ampie vetrate. L'atmosfera diventava calorosa nonostante la temperatura si abbassasse e pareva quasi fossero tutti partecipi a un piccolo miracolo della natura quando quelle rare volte cadeva la neve. Sarebbe stato utile se fosse successo proprio mentre giravano per negozi - molti aborrivano la neve abituati com'erano al caldo della Sicilia - e quel pomeriggio la gente si era accalcata per le strade e i negozi per le ultime compere prima delle feste. C'era molta confusione e anche se spesso tutta quell'atmosfera si traduceva in una mera trovata commerciale era comunque interessante vedere come tutta quella calca affollava le strade principali, unite dal comune desiderio di comprare regali da scartare alla vigilia.
Antonio poi amava comprare regali per i propri cari, addobbare l'albero nel salotto di casa con tutto quello che riusciva a raccattare, creare addobbi particolari insieme alla sorella cucendo i pezzetti di stoffe avanzate e farsi aiutare dalla sorellina ad allestire il presepe in un piccolo vano della cucina.
Anche Alessandro amava molto quella festa, ma per motivi diversi, a lui piaceva ricevere doni in quantità. Per le feste accorrevano a casa nonni e zii e ogni volta era una gioia. Si ritrovava le tasche piene di banconote e la stanza ricca di ninnoli e aggeggini da collezione.
Non amava particolarmente comprare regali, più che altro perché per lui era difficile indovinare i gusti delle persone, ma per quella volta si era lasciato trascinare da Antonio in giro per negozi.
L'aria si era fatta di un freddo pungente e quando parlavano formavano piccole nuvole di vapore bianco. Erano rimasti a sostare davanti all'espositore di un panificio, il profumo del pane caldo e il dolce tepore che si provava lì dentro dopo il freddo della strada risvegliavano ricordi lontani, ai tempi in cui le loro nonne preparavano le pizze in casa.
 Dietro la vetrata dell'espositore avevano adocchiato i dolci appena sfornati e quelli fritti. Avevano già sgranocchiato dei pistacchi tostati durante il cammino, ma adesso volevano farsi la "vucca duci" ed entrando lì dentro a entrambi era venuta l'acquolina in bocca. Alla fine si erano fatti dare delle zeppole di riso. Quando Antonio - pur avendone mangiate più della metà - si accorse che non ne erano rimaste più dentro la confezione che si erano fatti consegnare, si imbronciò. Allora Alessandro che ne aveva ancora una in mano la spezzò in due e gliene diede metà, sporcandosi il dito di miele che subito leccò via.
«Ricordi che ti avevo detto che mi piaceva il calcio?» chiese Antonio mentre passeggiavano in via Etnea. Alessandro si spolverò le mani sporche di zucchero a velo e annuì. «Pensi che sarebbe un'idea stupida iscriversi a una squadra di calcio?»
Alessandro lo osservò e i suoi occhi parvero sorridergli.
«Perché mai dovrebbe esserlo? Se vuoi farlo, fallo» rispose con la bocca ancora piena.
Antonio annuì tra sé.
«Ti iscriveresti insieme a me?» disse con tono innocente.
Alessandro tossì strozzandosi con la zeppola e Antonio gli diede qualche colpetto alle spalle.
«Io?» chiese incredulo. «Sono totalmente negato.»
«Mi hai detto che un tempo facevi calcetto.»
«Beh, sì, ma... È stato un secolo fa e non ero per niente bravo. Infatti ho smesso.»
Antonio si rabbuiò. Alessandro sentì una morsa allo stomaco e sospirò.
«Di che si tratta?»
L'amico saltellò contento e applaudì come una foca.
«Allora, me lo ha detto un mio amico dell'arcigay. Praticamente c'è un ragazzo che sta organizzando questa squadra di calcio gay e sta cercando giocatori. Così avevo pensato che poteva essere una cosa carina iscriverci assieme.»
«Carina?» commentò Alessandro scettico. «Faremo una figura ridicola.»
«Pensi che scelgano dei campioni? L'iscrizione è aperta a tutti, anche a due mezzeseghe come noi. Eddai! Non ti fare pregare!» Gli mostrò quello sguardo languido che sapeva farlo sciogliere. Alessandro odiava quando faceva così, perché otteneva sempre tutto quello che voleva.
«Ci penserò» sentenziò alla fine.
«Yuppi!» esultò Antonio. «È più di quanto potessi sperare dal signor Nondarmiiltormento! Allora adesso ci andiamo a informare.»
«Non ho ancora accettato!» replicò Alessandro spazientito. Ma Antonio camminava già per i fatti suoi, parlando da solo e immaginando chissà cosa.
«...E tutti quei corpi maschili sotto le docce! Già! Te lo immagini?»
«Eh? Scusa come siamo finiti a questi discorsi? Non si parlava di giocare a calcio?»
«Certo, certo. Malpensante!» Riprese a camminare. «Ci sarà da divertirsi!» Gli occhi gli luccicavano.
Alessandro scosse la testa tra sé, quel tipo era incorreggibile. Sapeva già che per quanto avesse protestato alla fine si sarebbe lasciato convincere, avrebbe fatto di tutto per farlo contento.
Si recarono alla sede dell'arcigay. Avevano preso un caffè in un bar di Piazza Duomo e poi avevano tirato dritto per Via Vittorio Emanuele.
Alessandro aveva le farfalle allo stomaco, gli pareva di tornare a vivere un incubo e aveva anche il timore che qualcuno che conosceva potesse vederlo entrare lì dentro. Alla sede li aveva accolti un ragazzo bruno, non molto alto, con delle occhiaie profonde dovute probabilmente a parecchie notti insonni.
«Piacere, io sono Sirio» aveva detto.
I ragazzi si presentarono, Sirio parlò loro del progetto e infine prese le adesioni. Li avrebbe ricontattati non appena avesse avuto notizie dall'organizzatore. Si fecero lasciare il suo numero e poi si incamminarono verso casa.
Presero delle stradine per fare prima, cominciava ad abbassarsi la temperatura ed entrambi non vedevano l'ora di mettersi davanti alla tv con i termosifoni accesi a guardare "Nightmare Before Christmas".
«Non sono ancora tanto sicuro di questa cosa...» si lamentò Alessandro. Antonio lo squadrò. Si trovarono nello spiazzale vuoto di Piazza Carlo Alberto, dove ogni mattina si svolgeva il mercato.
Adesso puzzava di un miscuglio di pesce e verdure andate a male. Si trovarono proprio al centro, dove di solito la sera le donne cinesi che vivevano nella zona si intrattenevano in danze dalle movenze studiate, a ritmo di canzoni dalle melodie esotiche. Talvolta lì si mettevano a giocare anche i ragazzini, era un posto perfetto per quello che Antonio aveva in mente.
Vide per terra un cavolfiore mezzo marcio, abbandonato a sé stesso, in attesa che la nettezza urbana se lo portasse via insieme al resto dei rifiuti.
«Proviamo a giocare, vediamo cosa sai fare» gli intimò.
«Ma non abbiamo una palla» fece notare Alessandro.
«Useremo questo» rispose Antonio spingendo con un piccolo calcio il cavolfiore, che si posizionò ai piedi dell'amico. Questi sorrise, pensava lo stesse prendendo in giro, ma Antonio era maledettamente serio.
Accettò la sfida.
«Io faccio il portiere e tu provi a tirare in porta» gli disse Antonio, «Fa finta che questi due secchi di immondizia siano i limiti della porta» disse trascinando due contenitori marroni adibiti per la raccolta dei rifiuti.
«D'accordo, cominciamo» rispose Alessandro.
Cominciò a passarsi il cavolfiore da un piede all'altro, correndo in avanti in modo un po' stentato. Fortunatamente non li guardava nessuno, aveva pensato. Si sarebbe sentito ridicolo.
A pochi metri dalla porta aveva indugiato, poi aveva tirato un calcio e anziché lanciargli il cavolfiore gli era sfuggita la scarpa.
Rise imbarazzato, ma Antonio non si diede per vinto. Gli lanciò la scarpa, lui la indossò e strinse i lacci.
«Prova di nuovo» lo esortò serio l'amico.
Alessandro fece un altro tentativo, questa volta riuscì a colpire il cavolfiore e Antonio lo prese al volo.
«Wow!» esclamò sorpreso Alessandro.
Antonio glielo passò con un calcio. Ormai l'ortaggio andava sgretolandosi pian piano.
«Riprova.»
L'amico fece un cenno affermativo col capo ed eseguì. Questa volta ci mise più concentrazione e con un calcio ben assestato riuscì a oltrepassare le mani di Antonio.
«Gol!» esultò alzando le braccia al cielo.
Il cavolfiore era andato del tutto in frantumi. Antonio gli sorrise complice.
«Visto? Non è poi così male.»
Alessandro sorrise debolmente, in fin dei conti non aveva tutti i torti. Forse era solo passato per un'esperienza sbagliata, ma questo non voleva dire precludersi il divertimento. E dopo tutto era adulto ormai, non doveva più accontentare i "capricci" dei suoi genitori. Poteva sempre mollare se non gli fosse piaciuto. Antonio non se ne sarebbe risentito.
Andarono a casa di Alessandro e questi preparò della cioccolata calda. Era sempre stato dell'idea che fosse il modo migliore per festeggiare un momento felice e quello indubbiamente lo era. L'iscrizione alla squadra sembrava l'inizio di un nuovo cammino per entrambi.


#FabDraka #Tacchetto12 #GayCalcio

Nessun commento:

Posta un commento